Georges Bataille

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Intervista a Giuseppe Panella

di Pierluigi Sassetti

Con la partecipazione di Francesco Pratelli e Alessandro Guidi

Nessuno ovviamente mette in discussione il carattere essenziale della cultura. L’«uomo di cultura» si distingue da quello che mette la sua intelligenza al lavoro in vista di un risultato pratico. Se un dubbio s’insinuasse qui avremmo la sensazione di un pericolo fondamentale: la cultura è sovrana o non è; ne va della dignità umana, perché la schiavitù fa dell’uomo un animale. La cultura servile ha lo stesso senso, sottrae all’uomo ciò che lo eleva e lo distingue dall’animale; anzi non ci riporta all’animale selvaggio, ma all’animale domestico, quello della fattoria o del cortile.

Georges Bataille, L’aldilà del serio.

 

Sassetti: Caro Giuseppe, quanto tempo … che cosa ne pensi del sito del Centro Sperimentale Pedagogico?

Panella: senti, quelle cose che ho visto sulla musica sono molto belle..

Sassetti: ti piacciono?

Panella: anche le altre, ma quelle sulla musica sono proprio belle. Nel senso che mi incuriosivano di più. Le cose lacaniane le conosco, mentre quelle sulla musica no, un altro mondo… Questa cosa di Tyche è bella di per sé, appunto psicanalisi, musica…

Sassetti: l’incontro. In realtà, sto rileggendo attraverso il sapere lacaniano l’approccio pedagogico alla musica, al sapere musicale, ed anche l’approccio alla pedagogia in generale. Si parte dall’artigianato, dall’autodidatta e tutte le interviste presenti nel sito, bene o male, ci conducono lungo questa strada, hanno questo tipo di direzione … si tratta di una verità che mi riesce anche difficile da spiegare. Comunque, io e Francesco Pratelli, siamo qui per il tuo libro su Georges Bataille, Tutte le ore feriscono, l’ultima uccide, che tu hai pubblicato per Clinamen.

Panella: tu hai letto il mio libro su Bataille?

Sassetti: si, certamente, l’ho letto e mi è piaciuto per quello che ci ho trovato. Tu inizi con questo racconto personale stupendo, i tuoi ricordi di quando ti trovavi a Parigi negli anni della tua vita universitaria. Ecco, se tu vuoi farci una panoramica di quello che è stato tutto il tuo percorso di studente universitario, in quel tempo, i motivi per cui ti sei spinto ad andare fino a Parigi, incontrare Michael Foucault, lavorare con queste persone e ascoltarle, conoscerle. Raccontarci soprattutto che tipo di ambiente universitario era, perché oggi, non ostante tutto, gli studenti ne parlano tremendamente male dell’ambiente universitario.

Panella: l’ambiente universitario è sempre un po’ un terreno minato, cioè, nel senso che uno può avere esperienze positive e esperienze negative; io ho studiato alla Scuola Normale, quindi in un ambiente abbastanza protetto da un lato, per certi aspetti privilegiato. Dall’altro, però, c’era una forte, fortissima competitività. Cioè, c’era una forte competitività, ma anche la possibilità di avere molte più potenzialità e molti più allargamenti di orizzonte rispetto ad altri. La cosa con Bataille è stata buffa, perché quando sono andato a Pisa nel 1973 non avevo letto ancora Bataille, non conoscevo Bataille, avevo diciotto anni e poi Georges Bataille non era quasi per niente tradotto in Italia. Ciò che era tradotto, lo dico nella prefazione del mio libro, era un romanzo, la Storia dell’occhio, che comunque veniva, diciamo, spacciato come letteratura semi-pornografica e basta. Per il resto, i saggi teorici di Bataille, avrebbero dovuto aspettare le grazie e anche la buona volontà e, per certi aspetti, la genialità di Sergio Finzi per essere conosciute. Nel 1973 non c’era ancora la Critica dell’occhio, quel volume per Guaraldi, realizzata da Finzi. Quindi, Georges Bataille era un continente completamente sconosciuto ed è stato Sergio Finzi a portarlo qui in Italia. Devo dire comunque Finzi ma anche Mario Spinella. Insomma, le prime tracce di Bataille che ho colto, erano in una rivista che per me, per l’epoca, era qualcosa di straordinario, si chiamava Utopia, ed era diretta da Sergio Finzi, da Mario Spinella, ma anche da Gianfranco La Grassa. Autori notevoli, personaggi importanti che si muovevano fra marxismo e psicanalisi, ma soprattutto, più che fra marxismo e psicanalisi, si muovevano fra Marx e Lacan. Anche lì, in quegli anni, la prima conoscenza con Jacques Lacan che ho avuto è stata tramite Sergio Finzi, che pubblica su Utopia una serie di saggi su Marx in chiave lacaniana e su Lacan in chiave marxiana. C’è un chiasmo, proprio per dirla con Lacan, c’è un chiasmo fra Marx e Lacan, che era una cosa del tutto inconcepibile nell’ambiente del marxismo italiano che allora era tutto storicista, da Croce, Gentile, a Gramsci ovviamente. Era storicista, e quindi l’idea della psicanalisi proprio non sfiorava i marxisti italiani, anzi, non voglio sembrare un po’ cattivo, ma avevano un atteggiamento di disprezzo nei confronti della psicanalisi e gli psicanalisti italiani erano tutti legati a una concezione ancora, diciamo, di discepolato: cioè c’era Cesare Musatti e c’era Freud, ma nient’altro. Andare oltre Sigmund Freud non era concepibile. Anche lì bisogna aspettare il 63-64 per avere La cosa freudiana, l’antologia curata da Giacomo Contri, no? Contri che appunto, legge Jacques Lacan in chiave anche cattolica, insomma. Comunque Jacques Lacan non era conosciuto. Insomma Georges Bataille non era conosciuto, e appunto leggendo Utopia mi sono incuriosito e iniziai a leggere i suoi romanzi che erano la cosa che si trovava più facilmente in commercio. Allora c’erano queste edizioni popolari che si chiamavano Edizioni 10-18, che erano dei tascabili, dei libri dove potevi trovare la Storia dell’occhio, La morte e un altro testo importante.

Sassetti: Il piccolo?

Panella: no, Il piccolo no, perché non era stato ancora tradotto, ma si trattava di un altro testo, di Madame Edwarda. Ricordo bene che questo romanzo me lo prestò un personaggio alquanto singolare che era il nipote di Dumezil. Claude Dumezil era suo nonno, e la tradizione di famiglia voleva che almeno un membro della famiglia Dumezil fosse Normaliene, stesse alla Normale. Quindi lui era figlio di un Normaliene ed era diventato Normaliene pure lui. Però, erano gli anni successivi al 68’, c’era stata la rivolta giovanile e Bataille era diventato un simbolo della rivolta giovanile: era un trasgressore, un teorico della trasgressione. Quando sono tornato in Francia anni dopo, con borse di studio all’ Ecole Normale de Saint-Cloud, in realtà era uscita già, erano usciti già almeno tre volumi delle opere complete, quelle volute appunto da Foucault e quindi comprai quei volumi. In realtà, successivamente, ci sono state le traduzioni e Finzi fece tradurre per Dedalo la La Somme athéologique, la Summa ateologica. L’esperienza interiore uscì per prima se non ricordo male. C’era anche una traduzione del libro su Nietzsche, ma era a parte, non era inserito all’interno della Summa ateologica, era stato tradotto da Andrea Zanzotto per Rizzoli, quindi non ha inserito Nietzsche. Il culmine e il possibile. Comunque di Bataille si poteva parlare perché c’era questa edizione delle opere complete, ma alcuni testi erano di difficile reperimento. Dopo aver conosciuto Bataille, aver conosciuto l’opera di Bataille, sono andato a Londra per la tesi, al British Museum e ho avuto la curiosità di guardare l’edizione originale dei romanzi di Bataille, quelli che erano usciti sono gli pseudonimi Lord Auch e Pierre Angélique, ed è stata una cosa difficilissima averli in lettura perché erano nell’enfer, erano nell’inferno. Ricordo che ho dovuto compilare un modulo in cui chiedevo esplicitamente i motivi del perché volessi leggere questi libri che da quelle parti evidentemente erano considerati pornografici. Ho dovuto spiegare che era per ragioni di studio che li volevo leggere, non per mio capriccio o perversione, e comunque riuscii a mettere le mani su quei libri e da quel momento è nata questa lunga fedeltà a Georges Bataille. Una fedeltà da un lato propiziata dall’edizione delle opere che ora è finita; dall’altro causata dall’interesse per la sua scrittura e per la sua esperienza di carattere filosofico, ma anche letterario. In Bataille è difficile distinguere fra letteratura, poesia e filosofia, e il mio libro è come la conclusione di un percorso cominciato molti anni fa. Non l’ho mai realizzato prima perché mi sembrava un po’ di sciupare l’emozione, l’esperienza, il desiderio che era stato rovesciato da me su Bataille. Una delle spinte che ho avuto è data da Foucault, perché ho scritto anche un libro su Foucault, e Foucault dichiara, ha dichiarato più volte, che in realtà, una delle spinte a fare filosofia che aveva avuto lui stesso era dovuta alla lettura di Georges Bataille. Inoltre, chiarisce lo stesso Foucault, che quando lesse la polemica fra Bataille e Sartre, quella che Sartre aveva scritto in un saggio che si intitola Un uomo mistico, in cui cerca di fare a pezzi L’esperienza interiore di Bataille, cerca di polverizzarla, cerca di tramutarla in un giochino e niente più, Foucault dice qualcosa del genere: “Lessi questa polemica, e subito presi posizione dalla parte di Bataille”. In questo libro, nel mio libro, cerco di rendere conto di questo, non perché sia interessante la polemica di per sé, ma perché vengono fuori due concezioni completamente diverse della filosofia: una, che è quella di Sartre, che è quella dell’impegno, no? Dell’intellettuale totale, dell’impegno, dell’intellettuale che firma i manifesti, ma che va magari anche a fare le manifestazioni di piazza, cioè l’intellettuale engagè come si diceva allora. Ma dall’altra parte c’è la versione di Bataille, in cui l’intellettuale è un uomo come tutti gli altri, soltanto che palesa la propria capacità di pensare attraverso la scrittura. Questo mi piace, e questo piaceva a Foucault. Ma piaceva anche a me. E perché? Perché se l’intellettuale deve essere l’uomo pubblico che va a manifestare e va a dire: “Sono qui, incontro le persone, sono a favore della rivolta”, perché all’epoca i problemi erano quelli, dalla guerra fredda allo scontro tra i blocchi, URSS contro USA, oppure ancora le polemiche contro la pena di morte, cioè tutte cose degnissime, ma che a mio parere non hanno a che vedere con la filosofia. La filosofia ha comunque a che fare con l’etica, la filosofia ha a che fare con la costruzione della soggettività, ha a che fare con il modo di vivere, ma non quello di manifestare, ma quello di porsi di fronte alla realtà, quindi col proprio desiderio, quello di confrontarsi col proprio desiderio. Quindi fra queste due cose, cioè: da un lato Jacques Lacan visto non solo come piscoanalista, ma come filosofo, come pensatore, e quindi anche con il marxismo come teoria della soggettività, come teoria delle facoltà di vivere, come modo di vivere, il marxismo; non solo come teoria della storia, ma come teoria dell’individuo, quindi psicanalisi e marxismo, come veniva letta, appunto, allora in Utopia e come poi non è stato più ripreso da nessuno, cioè è stata un esperienza che si è completamente persa. Dall’altro lato Georges Bataille, come autore, e con autore dico totalità, cioè non uno scrittore che fa il filosofo o un filosofo che fa lo scrittore, ma uno che scrive, che pensa, in relazione al suo essere uomo, al suo essere soggetto, al suo pensare la realtà. Ecco in Bataille questo c’è perché, o che scriva la Summa ateologica, l’Esperienza interiore, ecc.. questi testi di carattere più filosofico, o che scrivesse romanzi, o poesie o saggi, saggi di estetica, Bataille ha lasciato due contributi bellissimi: il primo che si chiama l’Erotismo che cerca di dimostrare, che dimostra appunto, attraverso lo studio dell’arte primitiva come si è formata, come è nata l’arte e la soggettività che deriva da quest’arte. Ad esempio in quei dipinti che sono nelle grotte di Lascaux o di Altamira, no? Questi ritrovamenti che non sono altro che le prime forme di arte, in cui gli uomini primitivi rappresentavano la loro vita. Arte che esprime scene di caccia, i tori, l’uccisione degli animali, insomma i momenti di vita che diventano arte, perché diventano simbolo della vita. Sia nelle opere, appunto, più dedicate alla storia dell’arte, soprattutto La nascita dell’arte nelle grotte di Lascaux e il libro sull’erotismo, dove questi elementi fondamentali della vita umana, l’erotismo, l’Eros, da un lato, l’arte dall’altro, vengono messi insieme e raccontati come esperienza, come forme di esperienza della soggettività. Ecco questo mi piace di Bataille e questo, penso, sia il compito della filosofia: raccontare la soggettività umana con qualsiasi linguaggio, anche linguaggio non tecnico, e riuscire a trasformare questo racconto della soggettività in esperienza condivisa. Cioè, penso che la filosofia sia questo, sia un‘esperienza condivisa.

Sassetti: l’Esperienza interiore, alla luce di ciò che hai detto, è la filosofia come rapporto dell’uomo con se stesso..

Panella: si in Bataille c’è questa idea forte del non sapere come forma di conoscenza, cioè del fatto che non si tratta tanto di avere delle conoscenze acquisite, ma di riuscire a metterle in discussione. Lui parla ad esempio della notte, della notte come luogo del sapere perché proprio nel momento in cui tu non sai dove vai a sbattere, non sai dove stai andando, proprio nel momento in cui tu non sai dove stai andando, allora puoi arrivare a dei risultati, puoi conseguirli. Cioè quello che conta è appunto la ricerca e la ricerca non è mai già orientata all’inizio, ma è sempre il frutto di un esperienza no? L’oblio, la notte, queste categorie che sono categorie letterarie che comunque lui coniuga come forme di esperienza. Soprattutto la nozione di impossibile che in realtà è la somma di tutte le possibilità. Quando Bataille dice, che quando vivi nell’impossibile in realtà hai aperte tutte le possibilità, l’impossibile è questo, è ciò che apparentemente non potresti mai raggiungere, ma che riesci a raggiungere nel momento in cui non te lo poni più tanto come obiettivo, ma come un espressione della tua vita.

Sassetti: sai che quando io e Alessandro Guidi siamo andati a Vézelay e abbiamo conosciuto il coinquilino di Bataille, ci diceva che la notte non faceva altro che piangere e poi praticamente picchiava le testate nei muri, botte, schianti, cioè era un personaggio molto combattuto, complesso…

Panella: non era affatto un personaggio semplice, aveva appunto una forte complessità.

Guidi: e è stato curato anche come depresso da Jacques Lacan..

Panella: si con Lacan c’aveva un po’ un contenzioso..

Guidi: si incontravano nella villa di Lacan a Guitrancourt. Lì avvenivano le sedute. Non solo, ma poi Lacan si prese la moglie di Bataille, Sylvie Bataille.

Sassetti: tu hai interrogato questo rapporto di Lacan con Bataille?

Panella: si, ma non in questo libro no perché appunto parla di Sartre soprattutto, parla di Sartre e appunto anche dell‘esperienza mistica che mi interessava di più, ma poi in futuro lo farò sicuramente. Più che il rapporto personale, cioè a me interessa proprio la biografia di Bataille, ma poi il rapporto con la psicanalisi cioè con l’inconscio, la sua dimensione dell’inconscio appunto come desiderio, come l’impossibile appunto, che, secondo me, per Bataille, l’impossibile corrisponde in certa misura all’inconscio, a quello che non può essere detto, ma che si prova a dire attraverso la parola letteraria.

Sassetti: sembra che tu stia parlando di Wittgenstein.

Panella: sai Wittgenstein c’è tutto, e poi in effetti, … cioè la conclusione di Wittgenstein appunto è che se non ci sono i problemi filosofici in realtà tutto quello che fuoriesce è quello che può essere conosciuto solo per via traversa, appunto il mistico, tutto ciò che può essere conosciuto attraverso l’esperienza. Se i problemi filosofici sono problemi linguistici, risolti i problemi linguistici, quelli appunto della funzione di verità, non verità e così via, tutto ciò che fuori esce, l’etica e l’estetica non sono altro che il mistico. Però è anche vero che Wittgenstein trova nei giochi linguistici la via d’uscita no? E i giochi linguistici prevedono l’incontro con l’etica e l’estetica. Per cui, tornando a Bataille, non si tratta tanto dei dati o delle nozioni, ma dell’approccio, della capacità di confrontarsi con la realtà e di riuscire a cavarne un esperienza che sia fondamentale, che sia, che ci sia l’esperienza interiore di cui diceva Bataille, che per lui magari era sofferenza, c’era questa angoscia. Quando morì Lore, la compagna che lui chiamava Lore, si chiamava Colette Peignot, ma lui la chiamava Lore, Bataille praticamente impazzì. Ebbe un momento di follia, si vestì completamente di rosso e uscì in strada e si mise a sparare, a sparare in aria. Poi quando lei morì la seppellirono, siccome il suo testo preferito era Il matrimonio del cielo e dell’inferno di Blake, prese una copia del testo e la fece a pezzi e sparse questi fogli sulla bara prima che fosse sepolta perché se la potesse portare con sé nell’altro mondo. Era un personaggio particolare, molto particolare Bataille.

Sassetti: che tenerezza..

Panella: certo! Quando Sartre dice: “Ma questo non ha fatto la resistenza”, è cattivo forte…

Sassetti: ma è più cattivo Bataille quando dice che Sartre ha un pensiero lento…

Panella: tutta la vita si sono rincorsi e si sono accusati perché ne La letteratura e il male praticamente, Bataille, non fa altro che analizzare i testi di Sartre sulla letteratura e dire che non sono…

Guidi: in Italia abbiamo un grande figlio di Sartre…

Sassetti: Giuseppe noi ti ringraziamo.

Intervista realizzata presso il Centro di Ascolto e Orientamento Psicoanalitico di Pistoia.

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