Genesi di un Sesto Discorso
di Alessandro Guidi e Pierluigi Sassetti
…è perché è in progresso sul discorso universitario
che il discorso dell’analista potrebbe permettergli
di isolare quel reale di cui la sua impossibilità
è funzione, cioè posto che voglia sottomettere alla
questione del plus-godere, che ha già in un sapere
la sua verità, il passaggio tra soggetto e significante
del padrone.
(J. Lacan)
Questo capitolo è il risultato di un percorso che ci ha visti affrontare punto per punto e questione su questione, l’atto pedagogico all’interno di un Discorso che va dal Padrone al docente universitario, fino al perdersi nel meccanismo perverso del Discorso del Capitalista: ciò è quanto avvenuto nella pedagogia classica nella quale l’atto pedagogico e le figure ad essa connesse si sono identificate con i saperi dominanti senza avere un habitus preciso e uno stile di riferimento. La pedagogia si confonde, ad esempio, con il pensiero filosofico, con il pensiero sociologico, antropologico e storico oppure si confonde con l’empirismo ludico quando tratta di materiali ludici. La pedagogia è sempre stata ancella di pensieri dominanti e universali. C’è stato un tentativo in questi ultimi anni di rendere autonomo il campo pedagogico trasformando la pedagogia in scienza dell’educazione e perfino di farla incontrare con la psicoanalisi; ma anche in questo caso ciò che è avvenuto riguarda un’operazione di strumentalizzazione della psicoanalisi come un sapere teorico applicabile oggettiva-mente all’altro, al bambino, senza interrogare il soggetto e l’atto che compie l’operazione di applicazione della teoria.
La pedagogia, e l’operazione di implicazione soggettiva di chi compie l’atto pedagogico lo conferma, non ha, dunque, un suo Campo e un suo sapere autonomo, ha solo un Campo specifico di applicazione che è quello che riguarda la trasmissione del sapere all’interno dei luoghi deputati all’insegnamento (clinica scolastica) o, altrimenti, la pedagogia, riducendosi all’atto pedagogico, può essere considerata come un atto trasversale di trasmissione del sapere, qualunque sia il sapere, anche quello psicoanalitico; in questo caso il pedagogo coincide con la sua etimologia che vuol dire “colui che accompagna”, ascoltando in silenzio, senza interpretare e giudicare l’altro lungo il suo percorso di acquisizione di un sapere, tenendo presente che per fare questa operazione è necessario che il pedagogo si includa nell’atto analitico come soggetto in quanto tale, cioè non solo come pedagogo, ma come soggetto-individuo. In questo senso si può dire che la pedagogia o scienza dell’educazione, secondo le nuove tendenze, è la scienza del pedagogo e dell’educatore ridotti al loro atto.
È su questo terreno che a nostro parere si arriva alla formulazione di un sesto Discorso, nuovo rispetto ai cinque che Lacan ha elaborato; un sesto discorso che potremmo definire come il Discorso del pedagogo o anche della Trasmissione del Sapere. In questa ultima parte del libro, cercheremo di spiegare questa genesi e sviscerarne la logica e il funzionamento; sottolineiamo fin
da ora che questo funzionamento non è il derivato di una mera teorizzazione, ma frutto della pratica pedagogica che s’inscrive nel suo atto, nel campo analitico. I capitoli precedenti ci portano a questo ultima parte del libro attraverso una sorta di tensione interna che si può definire in questo modo: l’accorgersi che parlare di pedagogia all’interno dei Discorsi dominanti che abbiamo trattato, significa porre le basi per un non funzionamento dell’atto pedagogico. Questa tensione, che si avvertiva nella nostra scrittura, ci ha condotti naturalmente alla formulazione di un “discorso pedagogico”, la cui autonomia è strettamente vincolata alla sua implicazione e inscrizione nel campo analitico: solo così l’atto pedagogico funziona come atto la cui complessità è pari alla complessità di ogni messa in gioco (in quanto mettersi in gioco è difficile, faticoso, costoso e complesso, per chi lo desidera e lo fa). Ed è intorno a questo atto che è possibile costruire un sapere che non è un sapere della pedagogia, bensì del pedagogo o dell’educatore poiché tale sapere che è il sapere dell’inconscio è stato già appreso sia dal pedagogo che dall’educatore. La discriminante, come è andata chiarendosi sempre di più in queste pagine, è tra una pedagogia che non funziona, in quanto estranea al campo analitico e una pedagogia che funziona come atto pedagogico inscritto nel campo analitico, tenendo presente che la logica della pedagogia che funziona riguarda un altro modo di agire del padrone. Allora, solo se la pedagogia si include nel campo analitico è possibile la realizzazione di un discorso pedagogico e un altro funzionamento del Discorso del padrone.
- Lacan, Radiofonia televisione, Einaudi, Torino 1982, p. 51.
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