Pat Martino
La forza creativa del desiderio
Intervista a Pat Martino
di Pierluigi Sassetti
“… invece l’azione è integralmente soggettiva. L’azione equivale ad una forza che si avventa su un obiettivo formando un luogo geometrico, e può essere bella come la corsa di un cervo, che tuttavia è assolutamente ignaro della propria grazia. Generalmente la bellezza non ha il tempo di cogliere il proprio fascino”.
(Yukio Mishima – Lezioni spirituali per giovani samurai)
“Senza musica la vita sarebbe un errore”.
(Friedrich Nietzsche – Frammenti postumi 1888 – 1889)
«”I never practice”, non faccio mai pratica. Una volta che hai imparato a guidare, non devi fare pratica per guidare ancora meglio e di più. Se la pensassi così tutti potrebbero dirmi che ho qualcosa che non funziona, no? La chitarra è uno strumento molto potente, può portarti ovunque, è lei che mi insegna. Ma proprio perché si tratta di uno strumento, non ha senso fino a quando non è nelle mani di qualcuno ed è usato per mettere in pratica le intenzioni di quella stessa persona. Vedi, non mi considero un musicista nel senso comune del termine. Non mi interessa il business della musica. Non ha nulla a che fare con me. Il mio interesse sta in una vita felice ed in un godimento che riguarda ogni godimento della mia vita. Per me anche questa è arte. La musica non è una forma di intrattenimento».
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«Il piacere che provo nel mio lavoro è il motore della forza creativa, perché se non hai un godimento vero non suoni … penso che sia difficile da far capire ed è davvero difficile da spiegare! Il godimento può essere una forza negativa come positiva. Io lavoro attraverso questa forza che mi regala una forza creativa consapevole … Non so se sono stato chiaro».
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«La chitarra è il mio giocattolo perché credo nel dono che mi è stato fatto nella mia infanzia dai miei genitori. La considero una specie di benedizione. Gioco come un bambino, sono ancora molto legato a quelle sensazioni in tutto quello che faccio. Vedi, ci sono cose che sono dei giochi, come suonare ad esempio, ma che sono realtà molto profonde e complesse, … homo ludens».
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«Mi ricordo della mia infanzia, di quel tempo, le sensazioni piacevoli del suonare il mio strumento, e ho ancora le stesse sensazioni di allora. Non sono un maestro, non mi reputo tale, ed è per questo che sono ancora qui, continuo ad imparare momento dopo momento, attimo per attimo tutto ciò che mi può dare piacere ed arricchire il mio mondo».
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«La musica, la musica, mi ricorda sempre una cosa, che la musica è un completamento. Sai cosa vuol dire? E’ uno degli elementi indispensabili per l’amplificazione della coscienza, per la crescita, un affinamento di ciò che definisce la vita e come si vedono le cose. Tutto poi può cambiare da un momento all’altro, e ciò significa una continua evoluzione di qualcosa che non è mai uguale e che ti richiede tutto per capire. Possibile vedere così la manifestazione di cose che mutano costantemente, che hanno facce diverse, e vediamo ciascuno di questi volti come un’unica cosa sola, la verità, e non per le sue molteplici sfumature, non come espressioni diverse, ma come accadimenti. Non dobbiamo vedere le cose come un unico e solo senso, ma come verità da cui impariamo. La musica è una forma molto potente di illuminazione, per la nostra sensibilità, per amplificare la nostra possibilità di incontro … è uno stato di piacere».
«La mia espressione richiama tutto me stesso, mi vuole tutto lì, concentrato e dedito alla mia musica, non ci posso fare niente».
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«Quando ero ragazzo, sono passato di scuola in scuola, cominciando dal livello più basso e passando poi di ordine di scuola in ordine di scuola, dalla scuola elementare alla scuola superiore fino ad un certo punto in cui non era più possibile andare avanti ed ho smesso. Non mi sono mai diplomato e questo per una buona ragione: in primo luogo perché la mia estasi non è mai stata rispettata dalla scuola. La mia estasi la posso paragonare che so … agli uccelli che stanno cantando proprio adesso. Sono più vicini loro alla mia estasi che il senso di responsabilità che mi obbliga a non arrivare tardi a lavoro o a suonare il repertorio che viene scelto per una esibizione, e tutto questo per il piacere di altri che vengono per divertirsi. Mi piace vedere la libertà, è questo che mi piace, la mia estasi».
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«Beh, per me la musica è una forma di comunicazione, è un linguaggio, un linguaggio universale, come lo è la matematica. Ed è pure qualcosa che possiamo definire come un’azione. Anche le azioni sono un linguaggio, sono basate su decisioni e intenzioni: le decisioni traggono origine dalle intenzioni e le mie intenzioni restano concrete al cento per cento. È così fin dalla mia infanzia. Non è essere caparbi, è contrariamente l’andare dietro a qualcosa che sentiamo importante e che non intendiamo sacrificare con niente».
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«Incontrare Wes Montgomery, incontrare Les Paul, incontrare Johnny Smith, incontrare Stan Getz, mi ha portato a far esperienza di diverse culture, mi ha condotto ad Harlem, a New York, e mi ha fatto conoscere luoghi proprio come un’automobile mi avrebbe portato lì, cosa che ha fatto. La chitarra mi ha portato lì, la chitarra è stata una cosa assolutamente spontanea per me».
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Intervista realizzata a Perugia il 14/07/08 ad Umbria Jazz.
Traduzione dall’inglese a cura di Giuseppina Pagliafora.
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